Introduzione: Data la recente celebrazione della Giornata Mondiale Contro la Violenza sulle Donne[1], la realtà professionale International Routes Of Law sceglie di cimentarsi in un approfondimento dedicato alla parità di genere. Codesta scelta è da ricondursi alla consapevolezza che sono molte le forme di violenza dalle quali una donna merita di essere protetta. Tra queste, non soltanto la violenza psicofisica intesa nel senso più stretto del termine, ma anche (in senso più lato e più sottile) quella forma di “sopruso” che, a discapito delle figure femminili, si traduce nel mancato riconoscimento di eque possibilità le quali, a parità di competenza rispetto ai colleghi uomini, permettano loro di raggiungere posizioni di vertice all’interno delle strutture professionali che le ospitano.

L’operato del Parlamento Europeo Di recente, gli Europarlamentari, radunati in seduta plenaria, hanno approvato il testo di una Direttiva inerente il miglioramento dell’equilibrio, nella parità di genere, quanto alle Società quotate. Trattasi di una tappa non di poco conto (Risoluzione P9_TA(2022)0393) che potrebbe portare alla chiusura della Procedura Legislativa Ordinaria occorrenda in tempi complessivamente brevi. Se da una parte, infatti,  alcuni argomenti sono stati portati all’attenzione degli Organi di competenza già a partire dal 2012, adesso si vorrebbe tentare l’entrata in vigore della nuova disciplina (per il settore che qui  ci occupa) entro il 2026. In quest’arco di tempo, la meta alla quale aspirare sarà quella di promuovere la presenza di “ quote rosa” fra le file di Società che, rispondenti a precise caratteristiche,  si radichino nell’Unione Europea (UE); il tutto sia facendo riferimento ad incarichi di amministrazione che prevedono il riconoscimento, in capo al “gentil sesso” di poteri  esecutivi peculiari, sia riferendosi, di contro, ad incarichi amministrativi che non prevedono il riconoscimento di tali poteri. Inserite in questa nuova prospettiva, le Società protagoniste di questo cambiamento saranno tenute a fornire annualmente i dati circa la presenza di genere nei loro Consigli di Amministrazione. Inoltre, non mancherà un novero di sanzioni (proporzionate, ma inibitorie) che dovranno essere applicate nei confronti  delle realtà sociali le quali risulteranno non essere in linea con i nuovi dettami. Infine, all’Autorità Giudiziaria sarà dato di dichiarare lo scioglimento dei Consigli di Amministrazione che non rispecchieranno le regole come sopra riportate. Doveroso è, in ogni caso, notare che codesto regime non sarà valevole per le imprese, piccole o medie, che  contano un numero di assunzioni inferiore a 250[2]

 

[1] Nell’area dell’Unione Europea, il tema della violenza sulle donne, e della sua prevenzione, viene affrontato attraverso lo strumento della Convenzione di Istanbul. Promossa dal Consiglio d’Europa, la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (altrimenti conosciuta come Convenzione di Istanbul) è stata aperta alla firma nel 2011. La medesima è entrata in vigore nel 2014 per effetto dell’applicazione di precisi meccanismi che trovano illustrazione nel suo Testo. Da parte delle nostre Autorità Nazionali, la sua sottoscrizione ha avuto luogo nel 2012; successivamente, la Legge domestica n. 77\2013 ne ha permesso la ratifica. Composta da 81 disposti, ai quali si uniscono un Preambolo ed un Allegato, la Convenzione oggetto di queste righe si presta ad essere suddivisa in 12 “blocchi contenutistici”. Una delle statuizioni maggiormente evidenziate dal suo “cappello introduttivo” è quella in virtù della quale la violenza contro le donne fonderebbe (o fonda) le sue radici nell’esistenza di “ rapporti di forza” diseguali tra i sessi; rapporti di forza la cui diseguaglianza si rispecchia perlopiù in convinzioni di carattere storico o di costume. Al fine di contribuire a cancellare questi retaggi storico-culturali, di portata negativa, appare necessario, in primis, avviare un “processo educativo” energico. Un “cammino”, in prospettiva socio-antropologica, grazie al quale si possa sempre più affermare, nei comportamenti pratici oltre che nella teoria, la consapevolezza che tutti gli uomini e tutte le donne nascono egualmente liberi e titolari del diritto di non diventare bersaglio per qualsivoglia tipologia di violenza. Partendo da questo irrinunciabile tassello, attraverso gli Articoli che ne ricamano il corpo centrale, la Convenzione di Istambul (la cui applicazione è prevista tanto in tempo di pace che in tempo di guerra) insiste su quanto sia cruciale che le Nazioni sottoscriventi avviino politiche interne, o di collaborazione e sostegno reciproci. Strategie atte a far sì che il “gentil sesso” venga considerato non come meritevole di disparità o di maltrattamento in eterogenea natura, ma piuttosto bisognoso di protezione e di sostegno. Trattasi di politiche le quali (in una cornice segnata da uguaglianza sostanziale e uguaglianza formale) possano portare gli esseri femminili a sentirsi più supportati, e più compresi, nella realizzazione dei loro progetti di vita individuali o collettivi.

[2] Ad oggi, la presenza di donne nelle più importanti Società quotate in Borsa si assesta, secondo una media UE, intorno al 30,6%. Stati Membri quali i Paesi Bassi, la Francia e l’Italia costruiscono, con  il loro contributo, la parte più preponderante della percentuale de quo. Si veda: Parità di genere nei consigli di amministrazione: sì dell’europarlamento – Marina Castellaneta .